La Corte Costituzionale ha dichiarato legittimo l’art. 15, comma 14, del Decreto Legge n. 95 del 2012 (c.d. Decreto Bondi), attuato nel Lazio con Decreto commissariale n. 349/2012, il quale prevedeva tagli per le strutture sanitarie private convenzionate del Lazio, con lo scopo di riportare i conti della Regione in pareggio entro il 2015. Secondo la Consulta il decreto in questione non ha violato il diritto alla salute dei cittadini del Lazio e non ha compromesso l’iniziativa economica dei privati.
La questione di costituzionalità dell’art. 15, comma 14, del Decreto Legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazione dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, è stata sollevata dal T.A.R. Lazio in quanto sorta nel corso di giudizi promossi dalle strutture sanitarie accreditate dalla Regione Lazio per la prestazione di assistenza specialistica e ospedaliera, le quali chiedevano l’annullamento del Decreto commissariale n. 349/2012. Il T.A.R. Lazio ha sollevato, nello specifico, questioni di legittimità costituzionale della norma in quanto la stessa pareva violare gli artt. 117, comma 3, 97, 41 e 32 della Costituzione.
Per quanto riguarda l’art. 117, comma 3, Cost. il T.A.R. Lazio sosteneva la violazione della competenza concorrente della Regione in materia di tutela della salute. La Consulta ha però precisato che la Regione può nell’esercizio delle proprie competenze costituzionali conseguire i risparmi previsti dal legislatore statale attraverso determinazioni autonome.
In merito agli artt. 3 e 97 Cost., a parere del T.A.R. rimettente, la norma violava il principio di irretroattività della legge, ma la Consulta ha specificato come la norma incide sì sui contratti già stipulati, ma con decorrenza successiva alla sua entrata in vigore ovvero con riferimento a prestazione sanitarie non ancora eseguite dai soggetti accreditati.
Con riferimento all’art. 43 Cost. la censura riguardava una possibile lesione della libertà di iniziativa economica privata delle strutture sanitarie accreditate. Il Giudice Costituzionale ha però statuito che nessuna lesione deriverebbe dalla norma in quanto la norma non incide su prestazioni già eseguite, ma solo su quelle in avvenire, nelle quali rimane comunque un margine di utile.
Infine non vi sarebbe nessuna violazione dell’art. 32 Cost., tutela del diritto alla salute, perché tale diritto deve essere sempre bilanciato dal legislatore con gli altri diritti costituzionalmente protetti, tenendo conto dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra.
Corte Costituzionale, sentenza 21 luglio 2016, n. 203