La Corte di Cassazione ribadisce che la difettosa tenuta della cartella clinica da parte dei sanitari non può tradursi in un pregiudizio per il paziente e che è consentito il ricorso alle presunzioni in ogni caso in cui la prova non può essere data per un comportamento ascrivile alla parte contro la quale il fatto da provare avrebbe potuto essere invocato. Nel caso di specie i genitori avevano chiesto il risarcimento danni per le lesioni subite dalla figlia in occasione del parto, circostanza nella quale si presentavano delle evidenti lacune nella compilazione della cartella clinica.
Il Tribunale di primo grado e la Corte d’Appello territoriale respingevano le richieste dei genitori ritenendo non sussistere la responsabilità dei medici in ordine alle lesioni subite dalla figlia al momento della nascita. Successivamente la Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello aveva errato nel giudicare che la mancanza di annotazione, per un periodo di sei ore, della cartella clinica facesse presupporre che la bambina non avesse avuto problemi. Secondo la Corte Suprema una simile conclusione è in netto contrasto con il principio della responsabilità contrattuale, secondo cui è in capo al convenuto fornire la prova liberatoria richiesta dall’art. 1218 c.c., con la conseguenza che il mancato raggiungimento di tale prova ricade in capo al convenuto stesso. Perciò nel caso in oggetto i medici e la struttura sanitari non hanno dato prova liberatoria in merito all’esattezza del proprio adempimento, non avendo provato che nelle sei ore in cui la cartella clinica non era stata aggiornata era stato fatto tutto il necessario affinché la bambina non subisse lesioni.
Corte di Cassazione Civ., Sez. III, Sentenza del 31.03.2016 n. 6209